L’impetuosità delicata di Richter

Alessandra Cesarini

Chi ha incontrato Richter lo ha descritto come una persona comunicativa e cordiale ma modesta al punto di svalutarsi, mentre gli improvvisi picchi di vittoriosa consapevolezza spiazzavano l’interlocutore. Si narrano episodi divertenti del suo carattere eccentrico: ad esempio non ricordava il suo numero di telefono, detestava le sessioni di registrazioni e cambiava i programmi dei concerti all’ultimo momento. Considerato uno dei pianisti più versatili della storia, nacque il 20 marzo 1915 a Zhotomir, da padre tedesco, anch’egli pianista professionista.

Agli esordi della sua carriera la sua tecnica pianistica fu abbastanza casuale rispetto al suo incredibile talento, infatti si dedicò alla composizione e alla direzione d’ orchestra. Ventiduenne dopo aver diretto la Odessa House Opera per tre anni, fu accolto nella classe di Neuhaus, maestro del grande Emil Giles. Trascorsi tre anni, al suo debutto, si esibì con la sesta sonata di Prokofiev conquistando la Russia musicale con un successo impareggiabile. Suonava con la stessa destrezza Schubert, Schumann o Debussy, i suoi “pianissimo” sono stati un modello di delicatezza, mentre i passaggi di bravura grondavano di esaltazione. Considerato la somma del meglio dei migliori pianisti, con un rispetto religioso per la partitura, alla fine della sua carriera preferiva suonare leggendo, in modo da rispettare al massimo il testo scritto, si esibiva con una lampada sul pianoforte per evocare un’atmosfera da salotto creando un’intimità con il pubblico. Il pianista russo ipnotizzava la platea: “Appena toccata la tastiera, ogni composizione era una rivelazione. Egli sembrava improvvisare ogni emozione, ed ogni emozione si trascolorava in suoni che facevano totalmente dimenticare lo strumento dal quale provenivano. […Il pubblico restava al buio, si intravedevano le mani e il volto del Maestro, in un’atmosfera soffusa quasi magica.

”Noi viviamo in un’epoca visiva, e niente è più funesto per la musica. L’agitarsi delle dita, la mimica del volto, […] gli sguardi lanciati sulla sala e sugli spettatori sono tutte fonti di disturbo per la concentrazione del pubblico che sviano l’immaginazione e si frappongono fra lui e la musica. Bisogna che la musica arrivi pura e diretta”: sono le parole dette da Richter in uno dei suoi ultimi concerti.

Un’ esecuzione dello Scherzo di Chopin n.2 op 31 del 1953. 

 L’ impeto del Revolutionary Etude

Concerto del 1992 Rapsodia di Brahms, nel quale si può ravvisare l’ atmosfera dei concerti degli ultimi anni

L’equilibrio sonoro nella Sonata 110 di Beethoven

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